Incontri inaspettati


La Storia rischia di essere un doppione, perchè insieme a Valerio riesco finalmente a concedermi un pomeriggio a caccia di suggestioni d'autunno, le solite foto di foglie colorate e tramonti insomma, ma la giornata di noi semplici e a volte, pretenziosi fotografi del tempo libero, non ci piace, incominciamo i discorsi sulla qualità della luce e tutte le solite cose di rito. Così per sviare da questa situazione inizio a guidare un po' a casaccio tra le colline della Val Schizzola, una sorta di gioco a infilarsi nella strada più stretta che man mano si presentava, e finisco ne più ne meno su una carrareccia di campagna, che la mia auto non mi consente di affrontare, così dopo pochi metri, accostiamo, e nel vigneto a fianco, inconfondibile ormai per me che ci lavoro, il rumore di una forbice per potatura elettrica.


 Poco lontano un signore, ci facciamo conoscere come appassionati di foto, vista la grandezza e l'isolamento del luogo, vogliamo rassicurare. Così ci avviciniamo, e iniziamo a scambiare qualche parola, prima di circostanza, ma qualcosa in fondo, sentiamo tutti che deve emergere, così ci raccontiamo di paesi, luoghi e situazioni, riaffiorano alla memorie di Pierino, così si chiama, (90 anni portati come pochi) i ricordi di una gioventù ormai sfumata, ma tremendamente presente nei suoi occhi, una vita fatta di sacrifici, quando si lasciava il paese natio armati di poco o nulla, e si scendeva verso le zone più ricche della Pianura e della prima collina, nella speranza di una esistenza meno dura, e scopriamo avere diverse conoscenze in comune che affondano le radici nei paesi natali dell'alta Val Tidone, si fanno nomi di parenti, amici, conoscenti in comune, e così, scopro che Pierino, fu uno dei migliori amici di gioventù di mio padre. 

A questo punto, personalmente, ho un tuffo al cuore, in un secondo sono riaffiorati alla mia memoria i racconti che faceva in famiglia mio papà, quei racconti fatti magari davanti a un bicchiere di vino, del suo paese e dei suoi amici, racconti vivi, a volte amari, di fatiche ma anche di sorrisi, la lesa carica di legna da spingere nel bosco, i prati da falciare sotto il sole cocente, l'allegria di essere seduti davanti a un piatto di polenta, la guerra... Ma sempre dignitosi e di grande forza vitale, e mi sforzo di ricordare se Pierino era un nome che già avevo sentito uscire da queste storie, ma ora mi riconosco in parte in queste vicende e vorrei fargli delle domande, ma ho paura, scorgo nei suoi occhi un tremito, e, per evitare di mettermi a piangere, allungo la mano più che posso, e gliela stringo, anche se avrei voluto abbracciarlo. Gli guardo le mani, si, sono "uguali" a quelle di mio padre, gli uomini e le donne che hanno lavorato la terra, li riconosci subito, dalle mani. 


Ora la sua voce è più limpida, il dialetto si scioglie, e credo che persino lui fatichi a credere che in un giorno qualsiasi della sua vita gli si siano presentati dinanzi due ragazzi con cui tanto in fondo aveva in comune, e tutt'ora mi chiedo se siamo arrivati davvero per caso in quel vigneto. Lo salutiamo, io mi sarò voltato una dozzina di volte, ed è li, solo, nella sua grande vigna, ma lui è molto più grande ora, almeno per me. Giro la macchina, quasi io e Valerio non sappiamo cosa dirci, ci salutiamo così. forse è stato il destino. 

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